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Io Vi Comando

 

Lo spettacolo nasce dalla volontà di ricordare i tragici eventi scaturiti dal fascismo e dal nazismo, ricordare non solo per non dimenticare, ricordare non solo per commuovere, ricordare non solo per condannare od esaltare, ma ricordare affinché ciò non accada mai più, ricordare perché, come ci ammonisce Primo Levi, il confine tra la nostra democrazia ed il campo di concentramento è sottile, molto sottile.

Durante la sua detenzione ad Auschwitz, Primo Levi viene aiutato, salvato come dice lui in “Se questo è un uomo” ed in “Lilith ed altri racconti “, da Lorenzo Perone un muratore Fossanese che lavorava nel complesso industriale di Buna-Werke. In teoria come lavoratore volontario, in pratica da prigioniero come tutti.

Lorenzo non era un politicizzato né un caritatevole e mite uomo di studi, taceva Lorenzo, taceva ed ascoltava, ma quando ci fu bisogno di lui, lui non si tirò indietro e a rischio della propria vita fece ciò che andava fatto, tese una mano a chi ne aveva bisogno.

La tese al momento giusto e nel modo giusto, che la sinistra non sapesse ciò che faceva la destra; due litri di zuppa al giorno, tutti i giorni per Primo Levi e per altri, rimasti anonimi, ma forse vivi grazie a quel gesto semplice, normale in tempi normali ma assolutamente eroico nell’orrido universo del lager. Quella zuppa non donava solo le calorie indispensabili alla sopravvivenza, ma donava la speranza di un mondo normale, migliore, popolato da persone capaci di gesti d’amore gratuiti, quella zuppa scaldava il cuore e permettendo la vita a chi la riceveva, stabiliva il “perché” della vita a chi la donava.

Lorenzo e Primo si conoscono per caso, un filo tragico e tenace unisce le loro vite, i loro destini e quando il campo è ormai solo un terribile ricordo si ritrovano a bere il vino forte ed aspro del Pigher, la piola del borg vej a Fossano, ma Lorenzo è lontano, insegue un'altra meta, ode solo altre voci, vede altre cose e lentamente, ma caparbiamente, in silenzio così come è abituato, si autodistrugge, ci lascia. Ma il filo che li ha uniti nella vita li unirà, sebbene a distanza di tempo, anche nella morte, forse perché la loro riserva d’amore si era esaurita, forse troppo gliene abbiamo chiesto.

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